Cittadini affettivi

La Cittadinanza affettiva vuole essere un riconoscimento agli uomini e alle donne che vivono in aree distanti dall’Appennino ma che conservano ancora oggi un forte legame affettivo con il territorio d’origine. Famiglie emigrate per motivi lavorativi o familiari che si sono distinte altrove – con ruoli sociali più o meno rilevanti – ma che conservano le loro radici qui, tra le montagne del Parco Nazionale dell’Appennino tosco-emiliano. 

Cittadinanza affettiva significa riconoscere l’impegno di persone che – nonostante la lontananza – continuano ad essere presenti nella vita dei borghi appenninici, a fornire un beneficio alla collettività. Persone che riconoscono nei valori ambientali, culturali, storici e civili dell’Appennino tosco-emiliano un tratto della loro identità, un elemento di interesse ed affezione personale, familiare e professionale.

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Cittadinanza affettiva è anche la scoperta della “gente comune”. Persone che sono partite e che hanno fatto “strada” tra mille ostacoli, pur mantenendo un legame con il territorio. Un legame che il Parco Nazionale dell’Appennino tosco – emiliano intende preservare appunto con la cittadinanza affettiva, un attestato che viene consegnato nel corso di una cerimonia ufficiale e condivisa. 

Si tratta di una pergamena – conferita d’intesa tra il presidente del Parco Nazionale dell’Appennino tosco – emiliano e il Sindaco del Comune di riferimento – che ogni anno permette, sia sul versante emiliano che su quello toscano, di ricongiungere persone o famiglie – che oggi vivono in diverse zone d’Italia o in paesi stranieri – alle loro comunità d’origine.  Un investimento che già ha cominciato a dare i suoi frutti perché in questi anni ha contribuito a scoprire percorsi di vita che hanno convinto molti ad adoperarsi ancora di più per i borghi e per le montagne dell’Appennino tosco-emiliano.

Riflettori puntati

Nell’agosto del 2019 viene attribuita la cittadinanza affettiva a Margherita Giampietri, discendente di una generazione di donne emigrate alla fine dell’Ottocento. Donne che sono partite e che nel corso degli anni sono tornate nel luogo di origine: Bagnone in Lunigiana.

E proprio nel grazioso comune facente parte del Parco Nazionale dell’Appennino, Margherita ha ricevuto il riconoscimento. La cittadinanza affettiva è stata consegnata durante una cerimonia che si è svolta nella sede del Museo Archivio della Memoria.

La famiglia di Margherita nel corso degli anni ha trasmesso – di discendente in discendente – l’importanza del legame con la propria terra di origine e il desiderio di riconquistare le proprie radici. Una storia tutta ‘al femminile’, vissuta prima in Francia e poi in Nuova Zelanda, paese in cui Margherita è emigrata nel 1995.

Oggi la nuova cittadina affettiva del Parco dell’Appennino divide la propria vita tra Bagnone e Ohuka Park Whitianga, tra l’Europa e l’Oceania.   

Una testimonianza del suo forte legame con la propria terra d’origine è avvenuta a ottobre. Margherita, infatti, si è laureata in Scienze del servizio sociale all’Università di Pisa con una tesi intitolata “Da straniero a reduce. Forme e iniziative dell’emigrazione di ritorno”. Un momento reso ancora più significativo dal fatto che si è laureata lo stesso giorno di sua figlia Fiamma. “Sono nata a Bagnone – ha raccontato Margherita a La Nazione – e ho frequentato l’università a Pisa, ho insegnato a Montignoso, poi ho sposato un torinese e con lui sono stata a Torino e dopo in Nuova Zelanda. Ho sempre mantenuto le mie radici, negli ultimi anni siamo stati in Italia per più tempo rispetto a prima. I miei figli amano stare qui, anche mio marito, tanto che ha voluto sposarsi a Bagnone”.

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