La giornata di sabato 21 maggio ha segnato il primo passo di un percorso che vuole rendere più stretto il rapporto tra la città di Genova e l’Appennino grazie al progetto Parco nel Mondo, poiché è proprio a Genova che si sono stabiliti moltissimi emigrati che hanno lasciato i borghi della nostra montagna nei decenni scorsi. Osservando le immagini dei luoghi d’Appennino che scorrevano sul maxi-schermo sono state diverse le riflessioni maturate nell’incontro organizzato nella sala consiliare del Municipio di Sestri Ponente, tra queste ecco i pensieri che Lino Giorgini, di Sologno, ci ha inviato dopo aver partecipato a quella giornata. “Che i nostri monti siano terra d’emigrazione lo sanno bene tutti coloro che, come me, si sentono montanari ma consumano la loro esistenza in quel di Genova o di altre città del nord, salvo, appena possibile, imboccare le “chicanes” dell’Appennino e cedere al balsamico “appeal” delle radici. Lo ha ben capito il Parco, privilegiando iniziative come “Orizzonti circolari” o attribuendo “cittadinanze affettive” (delle quali parlerei in termini entusiastici avendole vissute in prima persona) e associandosi ad una manifestazione come “Parchi in piazza” che, in un popoloso quartiere di Genova, ha consentito di incontrare la numerosa comunità di montanari che qui vivono e lavorano. Difficilmente si dimenticano le proprie radici e difficilmente chi, 50 o 60 anni orsono ha lasciato i nostri monti per sopravvivere in un mondo che cambiava rapidamente, può disconoscere le proprie origini: al paese è rimasta una parte importante della nostra anima e tanta è la voglia, di fare ritorno quando è possibile. Non è banale retorica o sentimentalismo e quando il Parco ha chiamato, i montanari non soltanto di prima generazione, spesso abituati ad incontrare i paesani o i conterranei soltanto quando tornano a casa, hanno risposto con entusiasmo; personalmente, e non credo d’essere isolato, considero il Parco come una sorta di “rivalsa”, come a dire che i nostri paesi, spopolati e privi di risorse economiche, ora hanno il riconoscimento e la dignità di Parco; non è poco. Parco è l’insieme virtuoso di una geografia, di una geologia di un eco-sistema che merita particolare attenzione da parte dello Stato che ne cura il territorio; se poi, come nelle iniziative che ho citato, il Parco ha cura anche della sua gente, quella che è rimasta ma anche e soprattutto quella che se n’è dovuta andar via, e ne promuove il senso comunitario… Allora, ci siamo, è così che deve essere. Quando mi chiedono di dove sono, rispondo che sono della montagna reggiana, in pieno Parco dell’ Appennino tosco-emiliano. L’incontro di Genova, oltre che piacevole, è stato sorprendente; un sabato di Maggio la gente ha tante cose da fare; e invece eravamo in tanti, facce conosciute, tratti paesani, orgoglio identitario; chiudo raccontando una chicca glottologica e linguistica interessante: era presente un mio paesano che è a Genova da molti più anni di me e parla correntemente il dialetto genovese che, come diceva De André, è una lingua vera e propria (che io non so parlare) riferendosi ad una Repubblica; ebbene questo signore, dalla mamma ha imparato anche il nostro dialetto e lo parla benissimo ma con un marcato accento genovese che, inutile dirlo, non può non far sorridere anche se andrebbe invece studiato e considerato come il sintomo sociologico di un incontro tra culture, quello che gli antropologi chiamano “acculturazione”.
“Quando mi chiedono di dove sono, rispondo che sono dell’Appennino”.
- di Parco nel Mondo
- Maggio 27, 2011
Condividi su facebook
Condividi su twitter
Condividi su whatsapp
Condividi su print
“Quando mi chiedono di dove sono, rispondo che sono dell’Appennino”.
Ultime notizie